GUCCI CONTRO FAST-FASHION: LA DECISIONE SUL MARCHIO SARÀ A STELLE E “STRISCE”.

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La tutela del marchio figurativo nel mondo fashion ha un nuovo banco di prova. A decidere sulla validità dei marchi “a strisce” della casa di moda italiana Gucci, questa volta, sarà la corte distrettuale della California, a meno che le parti trovino un accordo transattivo.

Lo sviluppo delle ultime vicende, tuttavia, non sembra propendere per una soluzione transattiva.

Dal comunicato stampa veicolato dalla maison Italiana emerge che, dopo anni di laissez-faire, Gucci intende proteggere i diritti di proprietà intellettuale acquisiti da tempo e porre definitivamente fine allo “sfacciato sfruttamento dei suoi marchi”, tra cui le iconiche strisce, che rappresentano “cuore e identità del marchio”.

IL CASO

La maison italiana della moda Gucci è stata citata in giudizio dalla catena di fast fashion americana Forever 21 nel procedimento Forever 21, Inc. v. Gucci America, Inc. et al, instaurato davanti la Tribunale di Los Angeles in data 26 giugno 2017.

Per comprendere il caso, tuttavia, dobbiamo risalire al febbraio 2016, quando la casa di moda ha intimato ripetutamente a Forever21 di inibire la produzione dei capi di abbigliamento e accessori riportanti le iconiche strisce e di togliere dal mercato i medesimi capi dai punti vendita e store online, minacciando di proseguire, in caso contrario, con azioni legali.

In risposta, Forever 21 ha deciso di “contrattaccare” la maison azionando una causa di invalidità dei due marchi figurativi a strisce “verde-rosso-verde” e “blu-rosso-blu”, registrati da Gucci negli Stati Uniti sin dal 1979, asserendo che tali segni grafici non fossero meritevoli di protezione.

Ad agosto Gucci, oltre a procedere col deposito di una mozione di rigetto della richiesta della controparte, ha deciso di intentare una nuova causa civile contro Forever21, presso lo stesso tribunale californiano, per violazione deliberata dei diritti sul marchio registrato, diluizione del marchio e concorrenza sleale, includendo nella documentazione allegata anche copie di design della controparte molto simili a quelle prodotte in passato dal direttore creativo della maison Alessandro Michele.

Stando alle ultime novità di settembre, Gucci si è impegnata a continuare la battaglia legale contro l’industria di abbigliamento americana, e chiede di velocizzare la conclusione della vicenda per spegnere i riflettori sul caso.

ARGOMENTAZIONI DELLE PARTI

Le parti interessate dalla vicenda, controvertono esponendo opposte argomentazioni.

In particolare, Forever 21 asserisce che:

  • utilizzando le strisce sui propri capi di abbigliamento, si limita a porre in essere un uso decorativo del marchio;
  • le strisce non possono essere oggetto di valida registrazione come marchio, considerando che la tutela temporalmente illimitata del marchio consente a Gucci di monopolizzarne l’utilizzo;
  • altri brand di moda utilizzano e hanno utilizzato in passato le strisce. Tale condotta, in tal modo, violerebbe anche i diritti di costoro;
  • il marchio nasce come indicatore di origine imprenditoriale e, nel caso di specie, non ci sarebbe un concreto rischio di confusione sull’origine imprenditoriale per i consumatori.

Gucci, per contro, sostiene che:

  • la catena di fast fashion, agendo in via preventiva per dichiarare l’invalidità dei marchi, si è mascherata come vittima;
  • i due marchi a strisce “verde-rosso-verde” e “blu-rosso-blu” sono stati depositati e registrati negli Stati Uniti sin dal 1979 e, da allora, si sono affermati come iconici marchi della maison;
  • la controparte non si è limitata a copiare le strisce, ma anche i design di capi di abbigliamento su cui le stesse erano applicate;
  • la controparte trae un indebito vantaggio, in termini di maggiori vendite, dall’utilizzo dei suddetti sui propri capi di abbigliamento, sfruttando la notorietà e il richiamo allo stile della maison.

I PRECEDENTI

La questione della validità del marchio a strisce Gucci del tipo “verde-rosso-verde” è stata già dibattuta nel caso Guccio Gucci S.P.A. Vs Guess Inc., davanti al Tribunale di Milano, il quale aveva concluso per la validità del marchio motivando la sentenza col riconoscimento di una “indubbia forza distintiva” del marchio, tenuto conto del valore distintivo dell’alternanza dei colori, nonché la sua idoneità a identificare esattamente la provenienza dei prodotti interessati da una determinata impresa. In seguito, sullo stesso caso, si è pronunciata la Corte distrettuale di New York, giungendo alle stesse conclusioni.

Gli Stati Uniti, d’altra parte, sono ben noti per la giurisprudenza creativa sul trinomio marchio-moda-colore. Nel caso Christian Louboutin SA vs Yves Saint Laurent America Holding Inc., il giudice Josè Cabranes ha riconosciuto la validità del marchio di colore rosso registrato dalla maison Louboutin per contraddistinguere le suole delle scarpe, diversamente da quanto successo in Francia. Tuttavia, la corte ha consentito l’uso del marchio in questione laddove l’uso del colore rosso non fosse afferente solo alla suola di scarpa ma anche alla tomaia. In tal modo, si è enunciato un precedente per cui i concorrenti possono fare un “certo” uso del marchio registrato in determinati casi, tra cui quelli in cui l’uso decorativo del marchio non si pone in contrasto con le altre funzioni del marchio registrato.

ANALISI

Tornando al caso di specie, nella più ampia ottica del bilanciamento tra i diritti del titolare dell’esclusiva e le esigenze dei concorrenti sul mercato, riteniamo che assuma particolare importanza analizzare i seguenti aspetti.

  1. Valore distintivo del marchio e Secondary Meaning.

I tribunali americani prestano particolare attenzione all’uso concreto del marchio effettuato da parte del titolare ovvero alla capacità distintiva che il segno registrato ha acquisito nel tempo, in funzione dell’uso che ne è stato fatto concretamente e, pertanto, considerano determinante, ai fini decisori, l’attuale capacità dei consumatori di associare il marchio a un determinato brand (origine imprenditoriale).

Sarà determinante, infatti, che Gucci offra la prova del secondary meaning dei marchi a strisce presso i consumatori, nonostante già, sulla carta, la vecchia data di registrazione dei marchi a strisce negli Stati Uniti giochi certamente a favore della maison.

  1. Valori del Marchio Notorio, compresi quelli diversi dal valore distintivo.

Nel caso di specie, il rischio confusorio per il consumatore è particolarmente basso. Acquistando un capo da Forever 21, il consumatore è difficilmente tratto in inganno sull’origine imprenditoriale del capo e, con alta probabilità, non lo assocerà a una collaborazione con il marchio Gucci nella forma di autorizzazione/concessione di licenza d’uso del marchio. Il consumatore, piuttosto, lo acquisterà per trarne un beneficio in termini di appeal estetico e in termini di appagamento emozionale che riceve dal richiamo allo stile Gucci, i cui capi di abbigliamento non gli sono economicamente accessibili.

Piuttosto, nel caso di specie, risultano pregiudicati i Valori del Marchio diversi da quello distintivo tipicamente ascrivibili al marchio notorio, tra cui il valore economico del marchio come collettore di clientela.

Pertanto, sarà ragionevole attendersi che il giudice americano svolga una compiuta analisi sugli usi non distintivi del marchio notorio, e che motivi l’asserita “diluzione del marchio” in termini di bilanciamento tra usi riservati al titolare del marchio ed eventuale uso decorativo dello stesso da parte dei terzi.

  1. Agganciamento parassitario.

La maison italiana ha chiesto al tribunale americano di pronunciarsi anche sull’elastica nozione di concorrenza sleale.

Oltre all’utilizzo esclusivo dei marchi a strisce sui capi di abbigliamento, Gucci ha allegato agli atti anche la copia di disegni e modelli, prodotti in passato dal proprio direttore creativo, a cui si è “ispirata” la controparte, indicando puntualmente gli elementi utilizzati dalla stessa in funzione di richiamo allo stile Gucci.

Pertanto, spetterà al giudice verificare se l’uso dei marchi registrati s’inserisca in una condotta più ampia della controparte diretta a estrarre “indebiti vantaggi” dall’uso del marchio notorio della maison italiana (es. in termini di ridotto investimento pubblicitario di Forever21 per l’affermazione della collezione sul mercato, traendo indebito vantaggio da quella effettuata dalla controparte per l’affermazione del brand) ed esistano gli estremi per un agganciamento parassitario ai danni della maison.

CONCLUSIONE

Seppur la vicenda sembri essere, in linea generale, a favore di Gucci, sarà interessante valutare se la stessa verrà decisa sotto il profilo di violazione della esclusiva del marchio notorio, ovvero sotto il profilo della concorrenza sleale.

Gucci chiede una risposta celere per chiudere la vicenda, anche perché il caso accende i riflettori e fa nuova pubblicità alla controparte Forever21.

Il brand, che sembra abbastanza disposto a collaborare con artisti graffitari che usano i propri marchi senza autorizzazione (si veda la nascita della fortunata collezione Gucci Ghost), non sembra disposto a tollerare i comportamenti parassitari in voga tra le catene di moda fast fashion, sempre pronte a trarre indebito vantaggio economico dallo sfruttamento della creatività altrui e dal richiamo al marchio famoso.

Forever 21, colosso della grande distribuzione americana, d’altra parte, è noto per aver avuto in passato diversi problemi legati alla violazione dei diritti di IP nei confronti di diverse maison, da Jeffrey Campbell ad Adidas e, da ultimo, Puma.

L’interrogativo più grande resta, pertanto, sul se e come si pronuncerà il giudice americano e, in caso positivo, se ci sia spazio per comminare punitive damages alla catena di fast-fashion americana, considerando anche le particolari dinamiche del “contrattacco” giudiziario.

Il mondo legale attende gli sviluppi della vicenda, nell’auspicio che la giurisprudenza a stelle e (soprattutto) a strisce, produca un altro caso di scuola su tutela del marchio nella moda e colore e dia chiari segnali pro-futuro alle numerose catene di fast-fashion.

 

Dott.ssa Elda Maresca,

 in collaborazione con l’Avv. Mauro Festa

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