NUOVO RECORD PER GOOGLE: MULTA DI 2,4 MLD DI EURO PER ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE

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La Commissione Europea ha condannato i servizi di Google Shopping a seguito di un’indagine approfondita durata sette anni, ritenendo che Google abbia dato sistematicamente maggior risalto al proprio servizio di comparazione degli acquisti, retrocedendo i concorrenti. La Commissione ha rilevato che, quando un utente cerca su Google un prodotto, il suo servizio di shopping gli propone le varie possibilità nei primi risultati di ricerca, quindi molto visibili. I servizi di comparazione degli acquisti dei suoi “rivali” sono invece lasciati nella colonna dei risultati generici. Per tale ragione, Google ha impedito ad altre imprese di competere in base ai propri meriti e di innovare. Ma soprattutto ha negato ai consumatori europei la possibilità di scegliere liberamente i servizi e di sfruttare appieno i vantaggi dell’innovazione.

La risposta di Google non si è fatta attendere: tramite il proprio consigliere generale Ken Wolker è stato infatti pubblicato sul blog ufficiale dell’azienda una sorta di commento alla decisione dell’Antitrust soffermandosi sulla qualità del servizio offerto. Il dirigente ha infatti sostenuto che “mostrare pubblicità che includano foto, recensioni e prezzi è un beneficio per noi, i nostri inserzionisti e soprattutto gli utenti. E li mostriamo solo quando i feedback ci dicono che sono rilevanti”. Per avvalorare la propria tesi, ha ulteriormente affermato che “quando si fa shopping online, i consumatori vogliono trovare i prodotti che si stanno cercando in modo veloce e facile”.

Google ha adesso a disposizione 90 giorni di tempo per interrompere le pratiche ritenute lesive della concorrenza e uniformarsi alle decisioni prese dalla Commissione, anche per evitare di vedersi comminate sanzioni ben più elevate. Alphabet, la società proprietaria di Google, sta al momento valutando un appello che rischia di rilevarsi un’ipotesi azzardata. Si rischierebbe infatti di ricevere ulteriori limitazioni dalla Corte di Giustizia, come avvenuto tre anni fa con il caso del “diritto all’oblio”, che aveva obbligato Google a mettere in piedi una grande e costosa struttura per rimuovere i contenuti “non più rilevanti”, su richiesta delle persone coinvolte.

Per maggiori informazioni:
Commissione Europea – Scheda informativa:
http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-17-1785_en.htm

Commissione Europea – Comunicato stampa:
http://europa.eu/rapid/press-release_IP-17-1784_en.htm

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