Con l’approvazione della direttiva in Europa, i big del web come Google dovranno negoziare con gli editori gli accordi legati al diritto d’autore.
La libertà d’espressione corre in veste protetta nell’era digitale. Le nuove regole sul diritto d’autore inserite nella direttiva copyright recentemente approvata dal Parlamento europeo porteranno a uno scenario di negoziazione tra gli editori e i colossi della rete, come Google, Facebook, Twitter e Instagram.
«La direttiva si applica per legge a tutte le opere e altri materiali protetti dal diritto nazionale nel settore del diritto d’autore. Non essendo un regolamento, richiede specifici provvedimenti di recepimento. È stata emanata il 17 aprile del 2019 e i singoli stati hanno tempo di recepirla fino al 2021: in questi due anni si ragionerà sulle possibili applicazioni», ha spiegato a MFF Mauro Festa, avvocato e fondatore dello studio LegalFor. «Viene tutelato un ambito che prima non era regolamentato, riferito al vantaggio economico che i giganti del web traggono dallo sfruttamento di contenuti di terzi. Da evidenziare è l’articolo 15 per editori e giornalisti, che protegge le pubblicazioni in caso di utilizzo online». Entro il 2021 ogni piattaforma dovrà riconoscere, attraverso accordi di licenza, un giusto corrispettivo all’editore e alla testata, fornitori di contenuti che portano traffico digitale.
«In Italia il concetto di lobbying è malvisto, mentre è molto forte negli Usa dove i soggetti che hanno comuni interessi si uniscono per cercare di ottenere il meglio in una negoziazione. È presumibile che i player della rete si muoveranno per creare contratti standard di adesione online totalmente a loro vantaggio, e chi vorrà utilizzare le loro piattaforme non potrà fare altro che accettare le condizioni imposte», ha proseguito Festa. «Per evitare ciò sarebbe auspicabile muoversi per tempo in maniera univoca per stabilire le condizioni, per esempio con le associazioni di categoria. Ogni azienda dovrà ragionare sull’impatto che la direttiva avrà nel suo ambito di business per non arrivare in ritardo e accontentarsi delle scelte che potrebbero essere fatte da altri. E anche strutturarsi internamente per controllare come e quanto vengano diffusi ed utilizzati i loro contenuti protetti da copyright», ha concluso l’esperto. (riproduzione riservata)
Articolo di Alice Merli per Milano Finanza Fashion del 28/11/2019